“Nevicata” poesia di Giosué Carducci: testo e analisi

Giosuè Carducci (Valdicastello di Pietrasanta, 27 luglio 1835 – Bologna, 16 febbraio 1907) è stato un poeta, scrittore, critico letterario e accademico italiano.

Nevicata

Lenta fiocca la neve pe ‘l cielo cinereo: gridi,
suoni di vita più non salgon da la città,

non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro,
non d’amor la canzon ilare e di gioventú.

Da la torre di piazza roche per l’aere le ore
gemon, come sospir d’un mondo lungi dal dí.

Picchiano uccelli raminghi a’ vetri appannati:
gli amici spiriti reduci son, guardano e chiamano a me.

In breve, o cari, in breve—tu calmati, indomito cuore—
giú al silenzio verrò, ne l’ombra riposerò.

(-)

Idea Centrale

Nel silenzio improvviso della città imbiancata dalla neve e immersa nel freddo emergono due suoni:le campane e il colpo degli uccelli contro i vetri. Si tratta di un presagio di morte.

Contesto

Carducci compose questo testo in un momento doloroso della propria vita, quando la sua compagna ( Carolina Cristofori Piva) era gravemente malata e se ne poteva prevedere la morte.

Analisi della poesia

La città è descritta al negativo (anafora del non)soprattutto per quanto riguarda l’aspetto dei suoni: i rumori della vita sono scomparsi così come il desiderio di vivere (giù nel silenzio verrò).Anche la morte è immaginata come un silenzio.

La vita invece è il rumore del carro e i gridi che salgono dalle strade o dell’erbaiolo. Ma la parola grido è connotativa e porta con sé un significato tragico, che anticipa il senso generale del componimento. Anche i colori sono relazionati con la morte: cinereo, sta per grigio e ombra sta per nero. Gli uccelli sono una presenza inquietante, anche per i gesti assurdi che compiono: quasi un bussare alla finestra e un guardare; è qualcosa che non appartiene agli animali, ma agli uomini e infatti l’io poetico interpreta correttamente questa contaminazione dei due campi dell’agire come un richiamo di anime morte, che invitano al riposo dal dolore.

Il rintocco delle campane poco verosimilmente è un gemere e questa parola richiama il pianto e il dolore funebre che non appartiene al poeta, ma alle ore, perché ormai c’è solo il tempo del pianto.

Tutto il verso n.5 è costruito con suoni duri su cui predomina la R.

Il lessico presenta termini aulici, come è logico in un classicista come Carducci, che sono: cinereo, aere, lungi, raminghi. Corrente è un’ipallage poiché è concordato non con carro, come sarebbe logico, ma con rumore.

I versi scelti dal Carducci sono scritti con metro barbaro, nel senso che sono riproduzioni di esametri e pentametri che concorrono a formare un distico. Il distico elegiaco nella poesia latina era il metro delle lamentazioni funebri e poi, per estensione, delle composizione d’amore secondo il modello della schiavitù dell’amore non corrisposto. Anche il metro è quindi semantico, cioè portatore di significato. Carducci ha reso l’esametro con un settenario e un novenario , mentre il pentametro è un settenario e un ottonario.

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